17/06/14

CH-4

CORPUS HERMETICUM

— Libro IV —
DISCORSO DI ERMETE A TAT: DEL CRATERE O DELLA MONADE

Discorso di Ermete al figlio Tat.
[1-2] Il Demiurgo ha creato il mondo con l'aiuto del Logos. Il Demiurgo è sempre esistente, sempre presente, e il suo corpo è costituito dalla totalità degli esseri esistenti. Infatti Egli non è fuoco, né acqua, né aria, né soffio vitale, ma da lui derivano tutte le cose. L'uomo, vivente mortale,  fu creato da Dio come "ornamento" del Demiurgo, vivente immortale; e se il Demiurgo è superiore agli altri esseri viventi, in quanto immortale, l'uomo a sua volta è superiore a Lui in quanto dotato di ragione e intelletto, e perciò capace di ammirare e conoscere il creatore.
[1] « Poiché il demiurgo ha creato il mondo nel suo insieme, non con le mani, ma con il Logos, consideralo come presente, sempre esistente, il creatore di tutto, l’uno e il solo, come colui quindi che per sua propria volontà ha foggiato gli esseri esistenti. In ciò infatti consiste il suo corpo; un corpo che non si può toccare, né vedere, né misurare, che non possiede estensione e non è simile a nessun altro corpo. Infatti egli non è fuoco, né acqua, né aria, né soffio vitale, ma da lui derivano tutte le cose. Poiché egli è buono, non ha voluto riservare solo a sé questo dono e per sé solamente ornare la terra. [2] Come ornamento di questo corpo divino, Dio ha inviato quaggiù l’uomo: un vivente mortale come ornamento di un vivente immortale. E se il mondo ha conseguito la superiorità sugli esseri viventi, in quanto immortale, l’uomo a sua volta è superiore a lui, in quanto dotato di ragione e intelletto. L’uomo infatti è divenuto il contemplatore dell'opera di Dio, ed è stato capace di ammirare e conoscere il creatore. »
[3-5] Dio ha distribuito la ragione a tutti gli uomini, ma non l'intelletto: questo volle che fosse per le anime un premio da conquistare. Per questo Dio riempì dell'intelletto un grande cratere che inviò sulla terra tramite un messaggero, con l'ordine di annunciare agli uomini queste parole: “Immergi te stesso, tu che lo puoi, in questo cratere, tu che aspiri a risalire fino a colui che l’ha inviato quaggiù, tu che sai perché sei nato”. Coloro che lo fecero ricevettero l'intelletto, furono resi partecipi della conoscenza e divennero uomini perfetti; gli altri, coloro che non vollero ascoltare le parole del messaggero, furono dotati di sola ragione e restarono nell'ignoranza, senza sapere per quale fine fossero nati né da chi. La vita di costoro è simile a quella degli animali privi di ragione, soggetti come sono alle passioni e rivolti unicamente ai piaceri materiali, che credono essere l'unico scopo della loro esistenza. Rispetto a costoro, gli uomini dotati di intelletto sono tanto superiori quanto esseri immortali di fronte a mortali, poiché tutto comprendono con il proprio intelletto.
[3] « Dio ha distribuito la ragione a tutti gli uomini, o Tat, ma non così ha fatto per l’intelletto. [...] [4] [...] Ne ha riempito un grande cratere, che ha inviato sulla terra, nominando per questo un messaggero, con l’ordine di annunziare ai cuori degli uomini queste parole: “Immergi te stesso, tu che lo puoi, in questo cratere, tu che aspiri a risalire fino a colui che l’ha inviato quaggiù, tu che sai perché sei nato”. 
« Quanti dunque si radunarono ad ascoltare il messaggero e si immersero nel cratere contenente l'intelletto, furono tutti resi partecipi della conoscenza e divennero uomini perfetti, avendo ricevuto l'intelletto; quanti invece non vollero ascoltarlo, furono dotati di sola ragione, non di intelletto, ignorando così per qual fine sono nati e da chi. [5] Le sensazioni di costoro sono simili a quelle degli animali privi di ragione: il loro temperamento è soggetto all’ira e alla collera, non contemplano le cose degne di essere ammirate, sono rivolti unicamente ai piaceri e agli appetiti del corpo e credono che l’uomo sia stato generato solo per questo. Quanti invece parteciparono del dono di Dio, questi, o Tat, quando si confrontano con gli altri, sono come esseri immortali di fronte a mortali, poiché tutto comprendono con il proprio intelletto: tutto ciò che è sulla terra, nel cielo, e tutto ciò che è al di sopra del cielo, se pur vi è qualcosa al di sopra del cielo. [...] »
[6-7] Questa è la scienza dell’intelletto: possesso delle cose divine e comprensione di Dio. Tat afferma di voler anch'egli immergersi nel cratere. Ermete replica che non potrà farlo se prima non avrà disprezzato il suo corpo: solo così potrà amare se stesso; amando se stesso acquisterà l'intelletto e, possedendo l’intelletto, parteciperà della scienza. Per ogni uomo è necessario fare una scelta fra le cose terrene e quelle divine: è impossibile ottenere entrambe; né del resto sarebbe ragionevole, perché la via che riconduce l'uomo a Dio è incomparabilmente migliore di quell'altra.
[6] « Questa, o Tat, è la scienza dell’intelletto; possesso delle cose divine e comprensione di Dio, poiché divino è il cratere. »
« Anch'io voglio immergermi nel cratere, o padre. »
« Se prima non avrai disprezzato il tuo corpo, o figlio, non potrai amare te stesso. Amando te stesso acquisterai l'intelletto e, possedendo l’intelletto, parteciperai della scienza. [...] È impossibile, o figlio, ottenere ambedue le cose, quelle mortali e quelle divine. [...] »
[...]
[8-9] Non è Dio la causa del male, bensì l'uomo con le sue scelte, quando sceglie le cose terrene anziché quelle divine; ma l'uomo ha sempre la possibilità di optare per la via che lo riconduce a Dio. Questa via è una strada tortuosa, difficile, che consiste nell'abbandonare le cose più familiari, tangibili, piacevoli, per cercare quelle più inaccessibili e sottili. Una via che riconduce l'uomo alla sua meta, Dio, dopo innumerevoli esistenze in forma umana e superumana.
[...]
[9] « [...] Prendiamo dunque l’avvio da questo principio e percorriamo tutto il bene velocemente. È una strada tortuosa, che consiste nell’abbandonare le cose familiari e presenti per risalire alle antiche e primordiali. Le cose che si mostrano ai nostri occhi ci recano piacere, mentre quelle che non sono visibili suscitano dubbi. Le cose cattive sono quelle che più facilmente si mostrano alla vista, il bene è inaccessibile agli occhi [...] »
[10-11] Principio e radice di tutte le cose è la monade.1 La monade esiste in tutte le cose, comprende tutte le cose senza esserne compresa, genera tutte le cose senza esserne generata; è perfetta e immutabile in sé stessa, pur partecipando al divenire di tutte le cose.
[10] [...] « La monade pertanto, essendo principio e radice di tutte le cose, esiste in tutte le cose. Niente esiste infatti senza principio. Il principio invece non deriva da nulla se non da se stesso, in quanto è principio di tutte le cose. Essendo dunque principio, la monade comprende ogni numero, senza essere compresa da alcun numero. Essa genera ogni numero, senza essere generata da nessuno di essi. [11] Tutto ciò che è generato è imperfetto e divisibile, passibile di accrescimento e di diminuzione; niente di tutto questo riguarda ciò che è perfetto. Ciò che è passibile di accrescimento, deriva il suo accrescersi dalla monade, ed è vinto dalla propria debolezza quando non è più in grado di contenerla. [...] »

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NOTE

1 Il termine "monade" fu adottato molto presto nella storia della filosofia greca, con significati diversi a seconda dei contesti in cui è stata utilizzata. Nel CH sta ad indicare l'essenza divina indivisibile e immutabile, l'Uno, e in questo senso può risalire al neoplatonismo.
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